Le meraviglie del deserto bianco egiziano
Resoconto del nostro tour in Egitto dal 17 al 25 Ottobre 2025.
Il nostro viaggio del deserto bianco
Emozioni infinite e panorami mozzafiato hanno accompagnato il nostro tour attraverso le meraviglie del deserto bianco egiziano. La straordinaria quiete del deserto, un silenzio assordante che si contrappone al caos del Cairo, è lo sfondo perfetto di questi luoghi remoti dove la vita scorre ancora lenta a dorso di mulo.
Prima tappa del nostro viaggio è l’oasi di Bahariya, una delle 6 oasi egiziane che, con le loro verdi palme, interrompono la cromia del paesaggio sahariano. Per raggiungere l’oasi ci vogliono all’incirca 4-5h di pullman: un’unica strada che attraversa gli interminabili nuovi quartieri della periferia del Cairo per poi immergersi nel deserto. Ai nostri lati solo dune e pietre per circa 400km fino ad arrivare alla soglia dell’oasi dove iniziano a comparire le prima “montagne” e le prime depressioni, di cui Bahariya fa parte (-50m s.l.m.). E’ impressionante notare lo stacco tra le zone aride e sabbione del deserto con il verde lussureggiante delle oasi che compaiono quasi d’improvviso all’orizzonte davanti a noi.
Il “ritmo” del deserto ci è subito chiaro fin dal nostro arrivo: carretti trainati dai muli e vecchie motociclette sfrecciano intorno al nostro pullman e ci accompagnano fino alla soglia del nostro hotel. In realtà non proprio sulla soglia in quanto la strada principale è interrotta da dei lavori iniziati giusto qualche ora prima del nostro arrivo. Sarà una volante della zelante polizia egiziana (che con i suoi rappresentanti ci farà compagnia per tutto il tragitto) a fare da spola per quel centinaio di metri che ci separano dalla nostra dimora per le prossime due nottate.
Pronti via ed è subito tempo di visite. Si parte con il sito di maggior rilievo di tutta l’oasi, ovvero il Museo delle Mummie d’oro: una vasta necropoli recentemente scoperta, famosa per il numero eccezionale di mummie ritrovate (si stimano sia circa 10.000) adornate con maschere d’oro e dettagli raffinati. Il museo è molto piccolo, ma ben tenuto: in una decina di teche sono esposte alcune mummie, tra adulti e bambini, con maschere e altre elementi decorativi.
Il caldo e le mosche che annoiano i presenti sono nulla in confronto alle fatiche patite per la visita del secondo sito in Bahariya, le tombe dei nobili del periodo tolemaico (lo stesso periodo delle mummie d’oro). Scale alte ed ingresso a carponi rendono difficile la visita, ma lo spettacolo ripaga la fatica: le tombe sono finemente decorate con motivi “classici” egiziani dai colori ancora oggi sgargianti.Le tombe sono decorate con scene che rappresentano aspetti della vita quotidiana del defunto con l’obiettivo di accompagnare la sua anima nell’aldilà, fino al fatidico giudizio finale: il cuore del defunto veniva pesato su una bilancia contro la piuma della dea Maat, rappresentante della giustizia e dell’ordine cosmico. Solo un cuore “leggero” poteva accedere alla vita eterna…
Dopo tanta fatica, un po’ di meritato riposo con un pranzo sublime.
Un piccolo angolo di paradiso, solo per noi, su una piccola collinetta sabbiosa dominante l’area del Lago salato di Bahariya, sfondo perfetto per il delizioso pranzo preparato con maestria dallo chef. L’atmosfera è meravigliosa al pari dei piatti e lo stress è un lontano ricordo.
Come digestivo, il programma prevedeva la visita della British Mountain dove, sulla sua sommità, si ergono i resti di un vecchio fortino inglese che domina l’intera area dove i nostri sguardi possono spaziare su tutta la vallata sottostante.
Ultima, meravigliosa, fatica lo splendido tramonto ai piedi della montagna piramidale nei pressi del nostro hotel che chiude in bellezza la seconda giornata del nostro itinerario. Sui fianchi della montagna si vedono ancora gli strati delle varie ere geologiche che ci ricordano ancora una volta che queste formazioni rocciose hanno visto questi tramonti e questi colori per millenni.

Le emozioni sono appena iniziate e il terzo e quarto giorno ci regalano autentiche perle. Si comincia subito con il deserto nero, nome dato dal colore delle sue montagne che si stagliano in mezzo al color ocra della sabbia circostante.Le pietre basaltiche che dominano il paesaggio hanno avuto origine dalle esplosioni vulcaniche avvenute circa 180 milioni di anni fa che hanno segnato per sempre il panorama di quest’area.
Dal basalto al quarzo il passaggio è breve, sono pochi infatti i kilometri che separano il deserto nero dalla montagna di cristallo. Le punte di quarzo che la ricoprono e la fanno scintillare sotto i raggi del sole hanno un’origine antichissima, probabilmente generati da un evento catastrofico (caduta di un meteorite?) che ha sprigionato un’enorme ondata di calore. Quello che rimane oggi sono i magnifici paesaggi che si estendono a perdita d’occhio che regalano scorci indimenticabili.
Pochi, anzi, pochissimi kilometri e il paesaggio cambia ancora. Dinanzi a noi c’è la Valle di Agabat, un susseguirsi di “panettoni” di gesso e calcare che si innalzano nel mare di sabbia che regalano incredibili emozioni negli occhi di chi ha la fortuna di poter ammirare un paesaggio così.
Dopo una breve passeggiata a piedi nudi nella sabbia per “saggiare” la sua morbidezza (e il suo calore!) eccoci arrivati alla location per secondo pranzo nel deserto, ugualmente spettacolare al primo.
Pace e tranquillità (e ombra) accompagnano i piatti e i ricordi di una giornata meravigliosa ben sapendo che le emozioni non sono ancora finite.
E’ tempo infatti di visitare uno spettacolo della natura: il deserto bianco.
Un susseguirsi di pinnacoli bianchi dalle mille forme si estendono a perdita d’occhio tra la sabbia del deserto: una testa di faraone, uno struzzo (o forse un’oca?), un incredibile coniglio e poi la gallina con il suo uovo, vero simbolo e must dell’area.
Qui una volta era tutto sommerso dal mare che col tempo si è ritirato ed ha lasciato in eredità queste formazioni calcaree, qualche fossile e piccole collinette di sale calcificato, ottimo punto per scattare qualche foto.
La bellezza è infinita ed è difficile trasmettere a parole la magia che appare davanti ai nostri occhi.
E’ già tempo di partire e di cambiare, ancora una volta, paesaggio. Le prossime due tappe saranno le oasi di Dakhla e Kharga, cariche di palme e siti archeologici millenari.
Con l’oasi di Dakhla iniziano ad intravedersi le prima tracce della civiltà egizia. Le nostre visite partono con l’antico tempio di Deir el Hagar dedicato alla triade tebana Amon, Mut e Khonso. Il tempio è di epoca romana e si possono vedere i cartigli e le incisioni dei vari imperatori romani che si sono susseguiti durante la costruzione e l’utilizzo del tempio.
Del tempio rimangono i muri esterni fatti di mattoni di fango, una parte dell’antico colonnato di ingresso e il santuario che si sono ottimamente conservati in quanto erano quasi completamente sommersi dalla sabbia. Gli ambienti sono riccamente decorati e qua e la si possono ancora scorgere i colori originali.
Le tombe di Mozawaqa, la nostra tappa successiva, sono tombe del periodo tolemaico finemente decorate con colori che ancora oggi risplendono sotto la luce delle torce. Il nome Mozawaqa significa per l’appunto “truccata” a testimonianza dei colori ancora vivi nonostante i millenni.
Pomeriggio di relax nel nostro hotel, costruito con lo stile del deserto con muri di fango e tetti con le foglie di palma, prima di concludere la giornata con uno splendido aperitivo sulle dune di sabbia: un punto privilegiato per godere di una tramonto mozzafiato per una serata difficile da dimenticare.
Nonostante le oasi di Dakhla e Kharga sia relativamente vicine (solo 2 ore di strada) il paesaggio è in continuo mutamento. Si passa dai campi coltivati al deserto in un attimo, dalle dune alle rocce in un battito di ciglia, per ritornare ancora ai campi coltivati nei dintorni di Kharga.
Kharga è una città universitaria, molto diversa dai “villaggi” delle altre oasi visitate fino ad ora. Qui la vita è quella di una grande città: strade trafficate, semafori e una sfilza di negozi lungo le sue vie, ma comunque è ancora possibile scorgere qualche asinello con il suo carretto.
Il tempio di Hibis è ben inserito tra le case della città e fin dai cancelli spicca per la sua mole. Il tempio è stato costruito in 3 epoche diverse e si possono ancora vedere i passaggi tra un periodo storico e l’altro: la parte più antica e più interna, quella del suo santuario, è del Nuovo Regno e man mano che ci si avvicina all’esterno si attraverso il colonnato del periodo tolemaico e un’ultima porta di ingresso del periodo romano. Il restauro accurato degli ultimi anni ha riportato alla luce i colori del tempo che ancora arricchiscono le varie incisioni, lo splendido colonnato con i capitelli con le foglie di loto e papiro (un classico, sottolinea l’unità del Basso e Alto Egitto) fino ad arrivare al santuario magnificamente illuminato.

Prima di terminare questo splendido viaggio, abbiamo ancora modo di ammirare quel che rimane dell’antica città di Tel el Amarna, la capitale del regno del celebre faraone eretico Akhenaton e della sua splendida consorte Nefertiti.
Della città non rimane che una colonna e qualche traccia nella sabbia di antiche mura, abbandonata e poi distrutta subito dopo la morte del faraone in quello che forse è il primo caso nella storia di damnatio memoriae.
Ultima tappa è ancora il Cairo per concludere le visite con le piramidi di Saqqara e Giza. La piramide a gradoni di Djoser, che da quasi 5.000 anni domina il sito di Saqqara, è impressionante ancora oggi per la sua imponenza, la prima mega costruzione in pietra costruita dal genere umano, opera del genio del gran visir e architetto Imotep (alla sua morte venne, giustamente, divinizzato), ma ovviamente l’attesa maggiore è per la piana di Giza dove le tre piramidi di Cheope, Chefren e Micerino ci attendono in tutto il loro splendore.
L’antico proverbio arabo scolpito nell’ingresso del sito è emblematico: se l’uomo teme lo scorrere del tempo, il tempo teme le piramidi. Ed è proprio così che ci appaiono, straordinarie in tutta la loro imponenza e magnificenza ed eterne.
Difficile aggiungere qualcos’altro, sono semplicemente stupende ed affascinano ogni volta.
Il viaggio è infine giunto al termine, si torna a casa con un bagaglio ricco di ricordi ed emozioni che rimarranno per sempre scolpiti nel mio cuore. Un particolare ringraziamento a tutte le persone che hanno partecipato al viaggio ed, ovviamente, non posso non ringraziare Janane, Aly e Zizu, non solo per la straordinaria organizzazione e professionalità, ma soprattutto per la loro simpatia che ha reso il tutto ancora più indimenticabile.